Negli anni ’90 e poi nei 2000 ascoltavo Eminem, i Red Hot Chili Peppers, Tupac, Notorious Big, Jovanotti e come tanti altri a Milano, gli Articolo 31. Dieci anni dopo un paio di loro erano morti ammazzati durante la faida tra East e West Coast americana, gli altri resistevano, Fabri Fibra era entrato prepotentemente nelle mie playlist. Gli Articolo 31 non c’erano più, J-Ax aveva fatto qualche album da solista, poi l’esperienza Due di Picche con Neffa. Avevo aggiunto i The Killers e i Muse e tanta altra musica all’I-Pod che aveva sostituito il lettore CD e le musicassette. Dopo altri 10 anni ho rinunciato a praticamente tutti gli artisti che ascoltavo da piccolo ma a uno continuo a dare fiducia, nonostante tante cose (Fedez compreso) e non senza rimanere talvolta scoraggiato: J-Ax.
Ho pensato così di ripercorrere un po’ il suo percorso discografico, attraverso i 27 anni che passano da Strade di città a ReAle.
Strade di città è l’album di debutto degli Articolo 31, duo formato da J-Ax con Dj Jad già tre anni prima, lanciato da brani come Nato per rappare, pubblicato come loro primo singolo l’anno precedente dalla Crime Records, e Tocca qui, che insieme a Ti sto parlando diventano successi radiofonici. L’album ha come etichetta la Best Sound, come tutti i 7 album del duo. È un album rap del suo tempo, graffiante e che li presenta nel panorama musicale italiano.
L’anno successivo esce Messa di vespiri, che continua il percorso ascendente del gruppo, vende meglio del primo, mischia hip-hop e funk e li lancia sempre di più: il singolo Ohi Maria diventa già un pezzo di successo segnando l’estate 2004 italiana.
Così com’è segna un successo ben più importante: oltre 600’000 copie vendute (probabilmente l’album rap che ha venduto di più di sempre), disco di diamante, e tanti brani che rimarranno negli anni della band: Tranqui Funky, 2030, Domani, Così e Cosà per citarne alcuni.
Piccola parentesi: una delle accuse più frequenti che vengono fatte su J-Ax è che si sia venduto. Cioè che abbia messo il successo / i guadagni davanti a tutto. Ora, premettendo che non credo che nessun artista faccia arte sperando che non esca dal suo salotto, la mia piccola opinione non richiesta è che tutto il lavoro di J-Ax sia sempre stato “piacione”. Già nel primo album c’erano brani come Tocca qui (oggi improponibile) e questo terzo album ha già dentro di sé tantissimo pop. Se poi lo contestualizziamo negli anni ’90 ancor di più: nel 1996 chi faceva album rap faceva musica completamente diversa dalla sua. Ma sto divagando.
Arriva poi Nessuno, meno riuscito anche se il singolo La Fidanzata è un ricordo personale di un Festivalbar 1998, e poi Xchè sì! (1999), album che contiene qualche brano con i Gemelli Diversi, che iniziavano a farsi un nome e presto avrebbero fatto grande successo con l’album Fuego , qualche pezzo Old school e altri brani più pop, anche con una musicalità più elettronica. Di quell’album i pezzi più rilevanti sono probabilmente Guapa Loca e Fino in fondo.
Dopo aver fatto uscire la loro prima raccolta, arriva il momento di Domani Smetto, che pur non essendo uno dei più venduti rimane per me il loro più iconico, con suoni anche punk e la solita commistione di generi. Tra i brani: Domani Smetto, Spirale Ovale, Fuck You, Gente che spera, Milano Milano, Non è un film. Per la mia generazione: un piccolo manifesto.
2003: Italiano medio, più pop del precedente, diversi brani da ricordare: La mia ragazza mena, Senza dubbio, I consigli di un pirla, L’italiano medio. Nel bene e nel male segna la fine dell’era degli Articolo 31 e l’inizio di quella di J-Ax come solista. (Seguirà una seconda raccolta, proprio con il sapore della fine del gruppo e una reunion posticcia)
Di sana Pianta è il suo album d’esordio da solista: alla sua “storica” etichetta Best Sound viene affiancato il nome Willy l’Orbo (nome scelto proprio per il personaggio dei Goonies), società riconducibile alla famiglia di J-Ax stesso, che verrà anni dopo utilizzata per il progetto Newtopia, un buon album, con singoli come Ti amo o ti ammazzo e Piccoli per sempre. L’album arriva secondo in classifica in Italia, come il successivo Rap n’ Roll, album un po’ rap (c’è un bel featuring con Gué Pequeno) un po’ rock ( Tre paperelle è forse il momento migliore in tal senso) un po’ pop, ( I vecchietti fanno O) un po’ tutto e alla fine ne esce un lavoro dimenticabile.
Arriva poi il 2009: Deca Dance , che già dal titolo suggerisce una vena pop-dance che sfocia anche nell’elettropop. Personalmente lo trovo il suo lavoro più sottovalutato: i brani “vetrina” sono molto commerciali, Vecchia scuola (con Jovanotti) e Deca Dance su tutti, ma anche I Love Paranoia e Immorale. L’album contiene anche una traccia con Pino Daniele, Anni Amari, forse il migliore dei tre brani fatti insieme dai due autori.
Meglio prima (?) segue il percorso iniziato con l’album precedente, mescolando pop, dance e rap, ne esce un lavoro discreto, divertente all’uscita, grazie a brani come Ancora in piedi, Meglio prima e Domenica da coma, molto commerciali, ma che trovo un po’ invecchiato peggio di altri, anni dopo riascolto volentieri solo Dentro me.
Cambio di rotta improvviso: Due di picche, un progetto che esce un po’ a sorpresa insieme a Neffa, che ha come risultato l’insolito C’eravamo tanto odiati. Il titolo fa riferimento alla presunta rivalità tra i due alimentata nel corso degli anni ’90, come verrà poi raccontato nel brano La ballata dei picche, probabilmente il pezzo migliore dell’album. Personalmente lo trovo uno dei più deludenti, più che altro perché come tanti speravo fosse l’occasione di un ritorno al rap da parte di Neffa che non si realizza. Ne esce invece un lavoro molto pop, con brani come Faccia come il cuore e Duedipicche molto deboli a lanciarlo e Fare a meno di te come unico pezzo che riscontra un po’ di favori del pubblico. Direi una bella occasione persa.
Saltiamo in avanti di qualche anno, superiamo la nuova raccolta, stavolta di live e arriviamo infine al 2015: Il bello di esser brutti. È un album molto atteso e a lungo, un lavoro importante sotto molti punti di vista, firmato per la prima volta Newtopia , etichetta da lui fondata insieme a Fedez: 20 tracce, quasi 75 minuti di musica, più di 150000 copie vendute e 3 discohi di platino (numeri che non faceva da anni), certamente spinto dal lavoro televisivo fatto a The Voice ma in fondo l’album è un po’ un compendio di tutta la sua storia musicale. Ci sono brani che richiamo ai suoi primi lavori (Maria Salvador ma anche il brano con Weedo), i brani pop (Uno di quei giorni) ormai diventati davvero brutti , quelli un po’ rock (Tutto o niente) c’è Fedez (Bimbiminkia4life , e già il titolo è un programma) c’è Neffa, ci sono i Club Dogo, c’è la bellissima Intro e insomma solo non si vedono i due leocorni.
Saltiamo l’ennesima raccolta e arriviamo ai tempi recenti: Comunisti col Rolex, che segue un po’ la falsariga del precedente ma con Fedez al suo fianco. Pubblicità mastodontica, lancio in grandissimo stile, grazie anche alla popolarità del giovane al suo fianco, proprio nel suo momento di maggior lancio. Vende oltre 200000 copie, 4 platino, tante tracce, artisti nazionali e internazionali, un’infinita multiplatinum edition da 61 pezzi e tutto quello che si può mettere dentro. Da “tutta ‘sta roba” ne esce un album pasticcione ma con qualche pezzo interessante, a mio parere i migliori sono Assenzio, Milano intorno e Piccole cose. Per quanto riguarda i brani più pop sono ormai insopportabili, non li cito neppure. Come preferisco non citare la reunion degli Articolo 31.
Ancora una raccolta (!) e arriviamo infine ad oggi, a ReAle. È forse l’album che mi piace di meno, insieme a Rap n’ Roll e Xchè sì. Complessivamente gradevole ma manca di picchi. Ci sono tante partecipazioni interessanti ma strizza molto l’occhio alle nuove generazioni ottenendo risultati stranianti (nonostante quello con Il Pagante sia simpatico), in più risulta come sempre autoriferito (ma ormai la sua vita è nota in qualsiasi dettaglio) e totalmente pop. Comunisti col Rolex meno Fedez meno i pezzi interessanti. Un po’ poco.
Concludendo, questa carrellata racconta come tutto sommato per gli appassionati una ragione per ascoltare la sua musica ci sia sempre, e che alla fine per quanto cerchi di dare qualcosa a tutti , o a troppi, a seconda dei punti di vista, tendenzialmente non si scordi mai di metterci qualcosa per chi lo segue da sempre. Certo, i suoi album migliori sono ormai datati, ma anche nell’ultima decade un po’ di pezzi belli ci sono. È cambiato? Certo, tutto è cambiato, fa musica diversa, la produce e promuove in maniera diversa perché il mondo cambia. All’inizio di questa quarta decade musicale (anni ’90, anni ’00, anni ’10, anni ’20) penso che un po’ di spazio per qualcosa da dire ci sia, e che un fan dei vecchi tempi possa anche accontentarsi di scegliere il meglio di quello che Lo Zio ancora produce e semplicemente ignorare le cose che gli piacciono meno, pur consapevole che sono quelle che gli permettono oggi di fare i numeri su Spotify e simili.
Commenti recenti