Ogni epoca vive nella storia grazie ai suoi anacronismi.
Oscar Wilde
Sono indimenticabili, fissi nella nostra memoria con lo sguardo rivolto sempre verso il cielo. Sono malinconici e graziosi, padroni di un successo iconografico internazionale che travalica i secoli.
Di chi stiamo parlando?
Dei due angioletti della “Madonna con il Bambino, I Santi Sisto e Barbara e due angeli” anche conosciuta come “Madonna Sistina“.
I due putti, la cui reinterpretazione più famosa è senza dubbio quella che li rende protagonisti del marchio Fiorucci, sono in realtà la ciliegina stilistica di una pala d’altare realizzata tra il 1512 e il 1513 da Raffaello (Urbino 1483 – Roma 1520) per il Convento di San Sisto a Piacenza.
Si ipotizza che la tela possa essere stata commissionata da Papa Giulio II per motivi di carattere politico più che devozionale. Nel giugno del 1512 Piacenza era passata sotto il dominio papale. La commissione della pala, ad uno dei suoi più cari artisti, potrebbe essere inquadrata quale gesto di gratitudine, più o meno disinteressato, del Papa nei confronti della città che gli si era spontaneamente assoggettata.
L’opera presenta omaggi chiari a Giulio II a partire dell’effigie di San Sisto, nella quale molti ravvedono lo stesso Papa regnante, fino alla scelta dei lineamenti caratterizzanti la figura di Santa Barbara, nella quale gli studiosi hanno ravvisato da un lato i tratti di Giulia Orsini, nipote del Papa, dall’altro quelli di una componente della stessa famiglia Della Rovere.
Molti sono, in effetti, i richiami relativi alla famiglia natale di Giulio II Della Rovere, Signori di Urbino. Se da un lato il più evidente è il nome del santo,Sisto II, che evocava nella mente dei contemporanei Sisto IV Papa della famiglia Della Rovere, ve ne sono anche di più sottili: ad esempio il ricamo a foglie di quercia sulla veste dorata del Santo e la ghianda in cima alla tiara, entrambi emblemi araldici della famiglia Della Rovere.
Santa Barbara inginocchiata sulle nuvole in eleganti abiti cinquecenteschi è riconoscibile grazie al suo attributo: la torre che troviamo alle sue spalle.
La pala si articola in una singolare struttura romboidale che ben sottolinea il senso spaziale proprio della pittura di Raffaello quale diretto discepolo del Perugino. Il linguaggio è classico ma rivestito di una espressività che anticipa i tempi e che pone lo spettatore al centro del dialogo con il divino.
La Madonna irrompe nello spazio come in un’epifania di cirri dal volto angelico. Non è rappresentata come ieratica ma dai tratti dolci e semplici, nell’atto di discendere dal cielo come da una scala che la porta verso i fedeli. Il suo sguardo è fisso, e come quello del Bambin Gesù, è rivolto allo spettatore delle cui sofferenze si rende partecipe. L’incanto prospettico è arricchito, inoltre, dal gesto di San Sisto che indica con la mano verso di noi, secondo uno schema di “intercessione” che raccoglierà proseliti durante il manierismo.
Ciò che colpisce di questo capolavoro di Raffaello non sono solo la dinamicità dei gesti, il turbinio degli sguardi e il coinvolgimento dello spettatore ma anche l’insolita collocazione della scena. L’epifania ha luogo come su di un palco/balaustra dalla quale è possibile scorgere le figure grazie allo scostamento di un sipario composto da un pesante tendaggio verde.
Per quale motivo dico pesante?
Per via del dettaglio straordinario che Raffaello ci mostra sul bordo più alto della tela: un bastone di ferro o legno che si piega sotto il peso delle tende. E’ interessante scoprire come questo curioso particolare non fosse stato apprezzato dalla cultura contemporanea. I monaci avevano, infatti, piegato la tela nella cornice così da nascondere un dettaglio di cui non comprendevano il senso e che addirittura poteva, ai loro occhi, svalutare la magnificenza stessa della Pala. Non tardarono a restituire tale splendore commissionando una lunetta aggiuntiva, che raffigurasse due angeli nell’atto di incoronare la Madonna di Raffaello, dimostrando, di non aver compreso nè il senso politico nè quello più intimistico e religioso dell’opera.
Come spesso accade ai capolavori “anacronistici” (termine utilizzato da me, lo riconosco, in senso un po’ improprio come: non appartenente all’epoca in cui viene realizzata) saranno i grandi protagonisti della cultura dei secoli successivi quali Correggio, Winckelmann, Freud, Dalì, Andy Warhol ecc. a riconoscere la rivoluzione artistica di questa pala di Raffaello e ad esaltarla attraverso la loro “arte”.
Claire
OPERE:
(“Madonna con il Bambino, I Santi Sisto e Barbara e due angeli”, 1512-1513,Tela, cm 265×196, Dresda, Gemaldegalerie)
Fonti:
I classici dell’arte Skira
https://bit.ly/2WWK32G
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