Guida agli Oscar 2020, parte I

Guida agli Oscar 2020, parte I

Siamo soliti pensare alla notte degli Oscar come il “grande traguardo”, l’obiettivo massimo cui ogni produttore, sceneggiatore, attore, costumista, montatore di un certo livello tende per consegnare il proprio lavoro all’immortalità. In parte è anche vero: «moving pictures shape who we are», cantava Neil Patrick-Harris nel grandioso numero musicale che apriva l’edizione numero 87 degli Academy Awards.

Quello che forse è meno noto è che, tra il primo di dicembre, e il 9 febbraio, giorno della cerimonia di premiazione, settantasei premi internazionali vengono elargiti dalle varie associazioni del mestiere. Questi settantasei premi sono, spesso e volentieri, la cartina al tornasole del gusto del pubblico, dei critici e degli addetti ai lavori e ci permettono di provare a immaginare quali saranno i verdetti dei membri dell’Academy.

In questa prima parte vedremo nel dettaglio le categorie dei cortometraggi e i documentari – che molto spesso passano in sordina –, dei film di animazione, quelle musicali e i cosiddetti Oscar tecnici.

La guida non contiene spoiler sostanziali sui film in concorso.

 

Miglior sonoro e miglior montaggio sonoro

L’Oscar al miglior montaggio sonoro (in inglese, sound editing) premierà la selezione dei suoni che andranno a comporre il tappeto sonoro del film; quello al miglior sonoro (in inglese, sound mixing) premierà la maniera in cui i suoni sono uniti e arrangiati.

Variegatissimi i candidati al miglior montaggio sonoro: la giuria dovrà scegliere tra il lavoro quasi archeologico sulle auto d’epoca di Le Mans ’66, la ricerca rumoristica da “modernariato” di C’era una volta a… Hollywood, le sinistre atmosfere di Joker, l’asprezza dello scenario bellico di 1917 e l’acustica fantascientifica di Star Wars: L’ascesa di Skywalker.

Stesse candidature per la categoria miglior sonoro, con una sola differenza: Ad Astra sostituisce il nono capitolo della saga di Star Wars.

La Motion Pictures Sound Editors ha assegnato i Golden Reels a Le Mans ’66 e 1917: sapranno ripetersi?

 

Il favorito: 1917 (miglior sonoro e montaggio sonoro)

Chi tifiamo: Le Mans ‘66 (miglior sonoro e montaggio sonoro)

 

Miglior colonna sonora

Come precisa meglio la dicitura in lingua originale – best original score –, eleggibili al premio per la miglior colonna sonora saranno i compositori che hanno realizzato una partitura originale appositamente per il film.

Equilibratissima la sfida in questa categoria: per la colonna sonora di Piccole donne e Storia di un matrimonio, rispettivamente, i due volte vincitori Alexandre Desplat e Randy Newman; il cugino di quest’ultimo, Thomas Newman (1917), che cerca la prima vittoria dopo ben diciassette nomination; il cinque volte premio Oscar John Williams con Star Wars: L’ascesa di Skywalker; la violoncellista e compositrice islandese Hildur Guðnadóttir, che si è già aggiudicata il Golden Globe per Joker e che, l’anno scorso, ha vinto un Emmy per il lavoro della miniserie Chernobyl.

 

Il favorito: Joker

Chi tifiamo: Joker

 

Miglior canzone

A venticinque anni dal suo primo e unico Oscar – per Can You Feel the Love Tonight?, dalla colonna sonora de Il re leone –, Elton John ci riprova: (I’m Gonna) Love Me Again, scritta con il suo collega di sempre Bernie Taupin e cantata insieme a Taron Egerton è la superfavorita di questa edizione. Seguono, sul podio delle possibili vincitrici, I Can’t Let You Throw Yourself Away, composta da Randy Newman per Toy Story 4 e Into the Unknown (Anderson-Lopez e Lopez, cantata da Idina Menzel), canzone-simbolo di Frozen II – Il segreto di Arendelle. Un passo indietro, almeno secondo i bookmaker, sono I’m Standing With You (Warren), da Atto di fede e Stand Up, cantata da Cynthia Erivo e composta insieme a Joshuah Brian Campbell per Harriet.

 

La favorito: (I’m Gonna) Love Me Again

Chi tifiamo: (I’m Gonna) Love Me Again

 

Migliori costumi

A contendersi l’Oscar ci sarà il tramonto degli hollywoodiani anni ’60 di C’era una volta a… Hollywood, l’ormai già iconica mise che si staglia sulla cupa e corrotta Gotham di Joker, i variopinti outfit indossati Scarlett Johansson e l’eleganza nazista di Jojo Rabbit, la sobrietà discreta dei mobster di The Irishman e la spaccatura tra il guardaroba quasi androgino della bohemienne Jo e quello tradizionalista delle sorelle in Piccole donne.

 

Il favorito: Piccole donne

Chi tifiamo: Piccole donne

 

Miglior trucco e acconciatura

Dei quattro premi messi in palio ai Make-Up Artists and Hair Stylists Guild, tre se li è accapparrati Bombshell, grande favorito: John Lithgow è irriconoscibile nei panni dell’ex CEO di Fox News, grazie al lavoro del visual artist Kazu Hiro – già premio Oscar per L’ora più buia. I membri dell’Academy potranno votare anche la trasformazione di Taron Egerton in Elton John in Rocket Man e di Renée Zellweger in Judy Garland nel film Judy, il trucco da mesto pagliaccio leoncavalliano di Joaquin Phoenix in Joker, le centinaia di cadaveri e di cavalli morti realizzati dal prosthetic designer di 1917 e le tonalità da fiaba dark di Maleficent – Signora del male.

 

Il favorito: Bombshell

Chi tifiamo: Rocketman

 

Migliori effetti speciali

Egemonia Disney in questa categoria, dove la multinazionale californiana occupa tre dei cinque posti disponibili: Avengers: Endgame, Star Wars: L’ascesa di Skywalker, Il re leone, con quest’ultimo grande favorito. A completare la cinquina, il mastodontico processo di ringiovanimento di Pacino, Pesci e De Niro in The Irishman e il quasi impercettibile – ma proprio per questo notevole – lavoro di raccordo tra le scene, a simulare un lungo piano sequenza, del team di 1917.

 

Il favorito: Il re leone

Chi tifiamo: Avengers: Endgame

 

Miglior scenografia

Il lavoro del production designer consiste nel realizzare concretamente lo spazio nel quale i personaggi di una storia prendono vita. Ogni singolo dettaglio può, anche a livello inconscio, trascinarci nelle profondità della narrazione, immergerci nel mondo che il regista ha deciso di raccontare. È un lavoro di cura, di cesello, anche e soprattutto su quei dettagli che potremmo ritenere quasi superflui ma che, sulla distanza, fanno la differenza.

Saranno i set intricati di 1917, sui quali si muovono quasi coreograficamente gli attori seguiti dall’interminabile e continuo piano sequenza? O la giuria preferirà il dualismo tra sopra e sotto, tra gli spazi angusti, affollati, quasi cunicolari degli ambienti poveri e l’ampia, luminosa e ariosa villa dei Park in Parasite? Oppure ancora il lifting della Hollywood Boulevard di C’era una volta a… Hollywood, l’America mafiosa a cavallo tra addirittura tre decenni di The Irishman, o la barocca casa dei Betzler di Jojo Rabbit?

 

Il favorito: 1917

Chi tifiamo: C’era una volta a… Hollywood

 

Miglior cortometraggio

Saria, Brotherhood e Une sœur sono le tre teste di serie della categoria miglior cortometraggio: il primo racconta il piano di fuga di due sorelle, rinchiuse in un orfanotrofio guatemalteco; il secondo (disponibile su YouTube, ma solo in arabo) parla di un uomo che torna a casa dopo anni di assenza, instillando nel padre il dubbio di essere affiliato all’Isis; il terzo segue la chiamata di emergenza di una donna che chiama dal sedile posteriore di un’auto. Nefta Football Club, una mini-commedia francese, mostra l’avventura di due ragazzi che trovano, al confine tra Algeria e Tunisia, uno strano mulo; The Neighbor’s Window, infine, segue il desiderio di fuga dalla frustrante vita coniugale di una donna che spia nell’appartamento dei vicini.

 

Il favorito: Brotherhood

Chi tifiamo: The Neighbors’ Window

 

Miglior cortometraggio documentario

Tranne St. Louis Superman e Learning to Skateboard in a Warzone (If You’re a Girl), anche i contendenti alla statuetta di miglior cortometraggio documentario sono disponibili online: In the Absence può essere guardato su YouTube e tratta la storia del disastro navale del traghetto sudcoreano MV Sewol; Life Overtakes Me è disponibile su Netflix e approfondisce la diffusione della resignation syndrome, uno stato catatonico causato dallo stress che affligge centinaia di bambini rifugiati; Walk, Run, Cha-Cha, invece, è sul sito del New York Times e racconta la storia di una coppia, a quarant’anni dalla scomparsa del figlio in Vietnam.

 

Il favorito: Life Overtakes Me

Chi tifiamo: Life Overtakes Me

 

Miglior documentario

L’esclusione dalla cinquina finale di Apollo 11, documentario sull’omonima missione spaziale, ha spostato i pronostici su Made in USA – Una fabbrica in Ohio. Il doc, distribuito da Netflix e prodotto dalla Higher Ground Production, era stato presentato allo scorso Sundance Film Festival. Attenzione a Honeyland, primo film della storia a essere candidato contemporaneamente come miglior film straniero e miglior documentario. Gli altri nominati sono i siriani The Cave, che segue il lavoro di una dottoressa durante la corrente guerra civile che imperversa dal 2011 e Alla mia piccola Sama, sulla vita di una studentessa di Aleppo nel corso dello stesso conflitto. Chiude la lista Democrazia al limite, che si interroga sulla recente crisi sociopolitica brasiliana.

 

Il favorito: Made in USA – Una fabbrica in Ohio

Chi tifiamo: Honeyland

 

Miglior cortometraggio d’animazione

La categoria cortometraggi di animazione riserva sempre delle belle sorprese: dal trionfo dell’anno scorso di Bao, la storia di un raviolo cinese all’Oscar al cestista Kobe Bryant. Quest’anno in gara troviamo Dcera (Daughter), realizzato in stop motion dalla regista tagica Daria Kashcheeva  , la commovente storia di Hair Love, il corto Pixar Kitbull, l’insolita amicizia tra un gattino randagio e un pitbull, il cortometraggio francese Mémorable e Sister, una riflessione sulla one-child policy cinese che non permette più di un figlio per famiglia.

 

Il favorito: Kitbull

Chi tifiamo: Hair Love

 

Miglior film d’animazione

Nonostante la vittoria, un po’ a sorpresa, ai Golden Globe di Missing Link, l’avversario da battere resta Toy Story 4: nella storia del premio, assegnato dal 2002, la Disney ha vinto ben dodici volte.

Il terzo capitolo della saga How to Train Your Dragon – Dragon Trainer – Il mondo nascosto – ottiene una candidatura come i due film precedenti e rappresenta DreamWorks alla Oscar night, mentre Klaus – I segreti del Natale, distribuito da Netflix, potrebbe diventare il primo film d’animazione spagnolo a vincere il premio. Chiude la cinquina Dov’è il mio corpo?, diretto dal francese Jérémy Clapin, che ha vinto il Gran Premio della Settimana internazionale della critica a Cannes.

Il favorito: Toy Story 4

Chi tifiamo: Toy Story 4

 

Migliore fotografia

Forse l’esito più difficile da prevedere in questa prima parte, la categoria miglior fotografia anche quest’anno vede sfidarsi alcuni tra i migliori director of photography al mondo.

Secondo i bookmaker, Robert Richardson è l’uomo da battere: tre Oscar alle spalle (JFK – Un caso ancora aperto, The Aviator, Hugo Cabret), è sua la saturata e granulosa tavolozza di colori che ha dipinto C’era una volta a… Hollywood. Il messicano Rodrigo Prieto, dopo aver mosso i primi passi con il connazionale Iñarritu, ha approdato alla corte di Scorsese con The Wolf of Wall Street e quest’anno è candidato per The Irishman. Tre nomination e nessuna vittoria per lui. Alla sua prima prova “d’autore” è invece Lawrence Sher, che ci ha restituito le tinte fosche di Joker. Storico collaboratore dei fratelli Coen (Fargo, Il grande Lebowski), una vittoria su tredici nomination per Roger Deakins, direttore della fotografia di 1917. Non ha nemmeno la pagina su Wikipedia ed è il grande outsider della categoria: Jarin Blaschke (The Lighthouse) potrebbe portarsi a casa la statuetta, alla faccia dei più blasonati colleghi.

 

Il favorito: C’era una volta a… Hollywood

Chi tifiamo: The Lighthouse

 

 

 

 

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