American Gods È Neil Gaiman

American Gods È Neil Gaiman

 

“La gente crede.

Pensò.

È così che fanno gli uomini.

Credono.

E poi non si prendono la responsabilità della propria fede; evocano le cose e non si fidano delle evocazioni.

Popolano le tenebre di spettri, dei, elettroni, storie. La gente immagina e crede: ed è questa fede, questa fede solida come la roccia che fa accadere le cose.”

 

Neil Gaiman è un famoso scrittore britannico.

Anzi no.

Neil Gaiman è uno scrittore, fumettista, giornalista, sceneggiatore televisivo e radiofonico britannico.

In poche parole, Neil Gaiman è il Maestro, una personalità poliedrica come poliedriche sono le sue opere.

Descriverle è difficile, se non impossibile: oniriche, sfuggenti, gotiche, pop, irreali, corporee e impalpabili.

Un incrocio di ossimori in contraddizione gli uni con gli altri, che raccontano le vicende di personaggi tratteggiati nel profondo della loro umanità (o sovraumanità a seconda dei casi) in bilico tra vizi e virtù, tra la profondità dell’esistenza e la sua intrinseca ironia, a volte cinica, spesso macabra, quasi sempre irresistibile.

 

“Nessun uomo può dirsi felice fino a quando non è morto – Erodoto”

Il signor Nancy sollevò un sopracciglio e disse: “Io non sono ancora morto e soprattutto per questo motivo sono contento come una pasqua”.”

 

Tutto inizia con la presentazione di Shadow, carcerato che dopo aver scontato la sua pena si ritrova in cella a pensare alla vita alla quale tornerà appena varcata la soglia della prigione: la sua amata moglie, i suoi amici, la sua casa, un nuovo lavoro. E quello che sembra il lieto fine perfetto di una storia travagliata altro non è che l’inizio di tutto: la moglie di Shadow muore dopo averlo tradito, Shadow perde nel giro di qualche istante tutto ciò che aveva ad aspettarlo.

E quale momento migliore, se non quello in cui si ha perso tutto, per inciampare casualmente in una serie di dei?

 

“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.”

 

Così diceva Calvino e così parte il viaggio di Shadow, un viaggio attraverso l’America nel quale Gaiman parla con leggerezza della sacralità della religione contrapponendola alla carnalità della vita a tal punto che la ricerca del significato più profondo dell’esistenza si mescola agli ingredienti dei pasti americani, e non solo.

 

Liturgia e salse di hamburger, culto del divino e Jack Daniel’s.

Il mistero della morte fuso nel mistero del sesso, a volte mezzo per arrivare a comprendere il senso profondo dell’essere umano, altre volte il più esecrabile dei vizi.

La passionalità accompagna tutto il libro, complice dei personaggi nelle loro contraddizioni tra la vita e la morte, e viene descritta in scene e dettagli che lasciano trasparire gli anni in cui Gaiman scriveva racconti di fantascienza per riviste erotiche.

 

Gli stessi dei incontrati da Shadow sono incoerenti, divinità di tempi passati “portate” in America da qualche fedele che poi è morto non lasciando a nessuno l’eredità del proprio credo. E così, orfani di seguaci e devoti, gli Immortali sono costretti a vagare per il Nuovo Mondo costretti a guadagnarsi da vivere tra gli uomini, nel mondo degli uomini.

E l’unica cosa che li rende ancora “celesti” sembra proprio quell’umanità esasperata fatta di debolezze, depravazione e perversione.

Quelli che Shadow incontrerà nel suo cammino sono dei profani, umani, terreni.

Da Eagle Point, Chicago, Madison, Cairo (quella senza “Il” davanti, città dell’Illinois), Middletown, Lakeside, passando per il Kansas e arrivando in Virginia, Shadow scoprirà l’America, in un lungo viaggio on the road, in tutte le sue antinomie che la contraddistinguono e allo stesso tempo lacerano da dentro. La contraddizione del moderno e il retaggio dell’antico, l’evoluzione e l’arretratezza, la libertà e il sacrificio, l’amorevole e il disumano.

 

Pubblicato nel 2001 American Gods ha ottenuto lo stesso anno il premio Bram Stoker e nel 2002 il premio Nebula (miglior storia di fantascienza) e il Premio Hugo (premio per i migliori lavori di fantascienza e fantasy, omaggio a Hugo Gernsback, il padre di Amazing Stories, la prima rivista fantasy che nel 1926 è venuta al mondo).

Da luglio 2014 parte la produzione della serie TV American Gods che ha debuttato sugli schermi nel 2017.

 

Perché quindi, leggere American Gods?

 

Posso darvi ben due motivazioni differenti.

La prima, ragionata, è che Gaiman non è semplicemente uno scrittore fantasy, è uno scrittore che riesce a calare il fantasy nel moderno, nella contemporaneità dei giorni di un’America attuale.

Al tempo stesso il fantasy di Gaiman non scade nella banalizzazione della realtà in nome di irrealistici cliché da fantascienza mediocre, ma il suo stile rimane sempre permeato di eleganza e passionalità, mai scontato.

A volte, da lontano sembrano riecheggiare tratti di un Tolkien o di un Lewis. Non è una sorpresa quando si legge nelle biografie di Neil Gaiman che da bambino l’autore divorava libri come Il Signore degli Anelli o Le cronache di Narnia.

 

La seconda motivazione, invece, è totalmente di pancia: Neil Gaiman è un artista.

Un artista che dà vita a qualcosa di bello, nel senso più profondo, straordinario e raro della bellezza.

 

“Si alzò e uscì dalla grotta per guardare nella notte.

La tempesta era passata. L’aria era fresca e pulita.

Domani, non ne dubitava, sarebbe stata una bellissima giornata.”

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