È il grande Maestro della regia shakespeariana, Declan Donnellan, ad alzare il sipario del Piccolo Teatro di Milano, dando il via alla stagione 2018/2019. E per l’occasione, sceglie “La tragedia del vendicatore”, un testo del 1606, attribuito solo recentemente a Thomas Middleton, contemporaneo dell’illustre Bardo. Pensate che quando il grande e compianto regista Luca Ronconi portò in scena lo stesso testo nel 1970, lo si attribuiva ancora a Ciryl Tourneur.
Ma concentriamoci per un attimo sul testo. Siamo nella meravigliosa finestra spazio temporale giacomiana, immediatamente successiva all’età elisabettiana. Il teatro in Inghilterra è ai suoi massimi splendori, tra i drammi e le commedie di William Shakespeare, Thomas Kyd, Christopher Marlowe, Ben Jonson e John Ford. Un incredibile concentrazione di talenti geniali. E tra tutti i testi, emerge anche “The Revenger’s Tragedy” del giovane Middleton, spesso ostacolato dalla censura.
L’azione si svolge in una non meglio precisata corte italiana. A quei tempi, l’Italia era vista dagli inglesi come una nazione pericolosa in quanto portatrice di un’ideologia perniciosa. Perfino la Chiesa non aveva più una morale, e il papato viveva tra fasti e corruzione. La lezione più importante di questo testo è che ancora una volta, l’apparenza inganna. Dietro l’etichetta pulita di un nobile sangue blu, si celano intrighi, passione, lussuria, cupidigia, brama di potere e di denaro. Tutto è falso in questa corte; aleggiano la finzione e una drammaticità, celata nell’ironia sempre in punta di penna. Leggendo tra le righe, si avverte una minaccia incombente (in Inghilterra era nell’aria l’imminente guerra civile), un tumore invisibile alimentato dal rancore e dal senso della giustizia, che cresce lentamente fino a scoppiare e a far rimbombare una sola parola: VENDETTA.
Un tema molto affascinante presente nel testo è inoltre la scienza del “Nomen Omen“. Non a caso il protagonista porta il nome Vindice, e vi lascio immaginare quali possano essere le caratteristiche di Lussurioso, Castizia, Ambizioso, Supervacuo, Junior e Spurio. Ma non c’è da stupirsi; anche nel Seicento era già stato inventato tutto. Sono sempre i classici a trasmetterci nel tempo le loro intuizioni. Andando indietro nel tempo, già Seneca era considerato un maestro del brivido, con lo splatter che caratterizza le sue tragedie. A Middleton piacque così tanto l’horror senechiano, al punto da inserirlo nel suo testo.
Focalizziamoci adesso sul nodo centrale dello spettacolo: l’insolita ed eccezionale regia di Donnellan. Il regista britannico si è trovato a lavorare per la prima volta con una compagnia di attori italiani. E il linguaggio non è stato di certo un problema, perché abbandonato fin da subito. Declan non ha uno schema. Per lui le prove sono un processo, un flusso in continuo cambiamento, a seconda delle circostanze e delle persone con cui si lavora, come la vita. Perciò, a differenza di come farebbe la maggior parte dei registi oggi, non ha rispettato la lettura a tavolino come prima tappa. Dopo aver richiesto agli attori principali un’ossatura essenziale di memoria, ha dato loro l’input del lavoro nello spazio. E’ proprio l’atteggiamento verso lo spazio ciò che a Declan interessa maggiormente vedere in un attore. Le parole non servono più, si arrestano nel momento in cui inizia il teatro, come in qualsiasi forma d’arte.
“Space is Everything
La tua vita è tutto ciò che condividi con tutto quello che è al di fuori di te.
La tua vita è nell’agire.”
Dunque, la costruzione dei personaggi è nata dall’improvvisazione fisica degli attori e non dallo studio filologico su un testo, imposto da un regista ai suoi attori. Il presupposto è che ci sia una corresponsabilità tra regista e attore. Declan non si pone mai su un piedistallo e non ha risposte su come una parte debba essere interpretata. Vuole piuttosto dare uno stimolo agli attori e vedere come loro lo abitano. E’ da lì che si inizia a costruire un mondo insieme.
Come mai è stato scelto il testo di Middleton?
“Se il teatro non è politico, è noioso” – afferma Declan.
E, oltreché politici, i temi dell’opera sono soprattutto moderni. Anzi, sembrano moderni, ma in realtà non lo sono. Il testo vuole andare oltre la semplice analogia col presente. Ci riflettiamo e riconosciamo in questa storia per lo stesso motivo per cui una tragedia di Euripide o un dramma di Shakespeare vengono rappresentati ancora oggi. Perché è incredibile come la storia si ripeta, e come la natura umana resti sempre la stessa; alla fine, cambiano solo determinate strutture. E tra le azioni umane che si ripetono continuamente, c’è anche la vendetta. Non è altro che l’altra faccia della medaglia della nostalgia. L’unico obiettivo di Vindice è vendicare la sua amata, perché il “palazzo l’ha uccisa”. Ma in fondo, si distrugge un po’ se stessi, punendo gli altri.
La maestria di questo spettacolo non si esaurisce qui. Tutta la sapienza di un immenso maestro come Donnellan si fonde con la conoscenza e la precisione del suo compagno, con cui lavora da sempre: Nick Omerdon. È infatti Nick ad essersi occupato minuziosamente e mirabilmente delle scenografie e dei costumi. Dall’intervista con Pia Lanciotti, attrice che interpreta Graziana e la Duchessa, sappiamo che:
“Declan si occupa di tutto ciò che riguarda la creazione dentro gli attori o insieme agli attori. Invece Nick si occupa di ancorare tutto questo.”
Emerge dalla costruzione della scatola scenica un’intelligenza nel rendere quanto mai “moderno” questo testo. Come nella regia, fatta di “a parte”, che nascondono il vero pensiero dei personaggi, nulla è lasciato al caso nemmeno nella costruzione scenografica, che si costruisce intorno a un’ambiguità di fondo, a una contrapposizione di opposti. E non domina il caso nemmeno nella composizione della musica ad opera di Gianluca Misti “Ahi! Ahi! Ahi! L’amor è forte come la morte“, un motivetto che dà vita a una danza macabra sulle note dello swing, particolarmente straniante e stridente con il contesto violento, drammatico e quanto mai inumano dell’azione. L’elemento scenografico fondamentale è costituito dai portoni che richiamano le case signorili e dividono lo spazio in una zona visibile ed una nascosta. Siamo in una corte italiana rinascimentale, circondati dai capolavori della nostra fiorente cultura e dall’immagine sfocata di una Chiesa che non si sforza nemmeno più di tener saldi i suoi valori e soccombe all’immoralità. Nelle opere figurative portate sulla scena c’è un continuo gioco di rimandi tra realtà e finzione, quotidianità e straordinarietà artistica, vero e falso e addirittura quante analogie tra i soggetti dei quadri e i personaggi della pièce. Una tenda scostata prepotentemente ci mostra quello che accade all’interno di una corte multiforme. Al pubblico vengono poi presentati un Duca ed una Duchessa. Per la seconda volta, abbiamo un segreto che non rimane nascosto, perché un’altra tenda ci mostra una donna sensuale, nuda e accattivante. La donna è motore di molteplici sentimenti: dalla sete di Vindice di vendicare Gloriana alla brama di possesso di Castizia da parte di Lussurioso. Molto particolare è infine la scelta di un uomo di profilo: il “Ritratto di un uomo con una manica trapuntata“. Una parte del suo volto è in penombra, non la distinguiamo nitidamente. E persino metà del suo abito è in zona d’ombra e addirittura ha il colore nero, nero come la morte. Non pare anche a voi la duplice natura e identità di Vindice – Piato?
L’ultimo zoom va a mettere a fuoco un cast d’eccezione. 14 attori straordinari, tra cui molti giovanissimi, abitano il palco in modo consapevole, sapiente e del tutto naturale, ma con l’energia extra-quotidiana che differenzia il teatro dalla realtà.
Fausto Cabra – Vindice-Piato
Ivan Alovisio – Lussurioso
Pia Lanciotti – Graziana/Duchessa
Massimiliano Speziani – Duca
Errico Liguori – Spurio
Raffaele Esposito – Ippolito
Marta Malvestiti – Castizia
David Meden – Ambizioso
Christian Di Filippo – Supervacuo
Alessandro Bandini – Junior
Marco Brinzi – Giudice
Beatrice Vecchione – Medico
Martin Ilunga Chishimba – Direttore Carcere
Ruggero Franceschini – Vescovo
Lo spettacolo rimane ancora al Piccolo Teatro fino al 16 novembre. Dopo il debutto a Milano, prosegue in tournée toccando Torino (Fonderie Limone 20-25 novembre), Lugano (LuganoInScena 29 e 30 novembre), Pavia (Teatro Fraschini 6-8 dicembre), Firenze (Teatro della Pergola 12-16 dicembre), Bologna (Arena del Sole 10-13 gennaio 2019), Modena (Teatro Storchi 17-20 gennaio 2019), Roma (Teatro Argentina 23 gennaio – 3 febbraio 2019) e infine Pordenone (Teatro Verdi 7-8 febbraio 2019).