Stock. Qusto il rumore che fa Milan Skriniar quando va a sbattere conto gli avversari. Stock. Un mobile che si incastra perfettamente tra due pareti. Stock. Una precisione di calcolo, una misurazione ben eseguita che fa sì che due pezzi si incastrino con solidità e delicatezza allo stesso tempo. Un insieme di forze tutte di pari livello, che fanno male su tutto il corpo dell’avversario nello stesso momento con la stessa intensità e che proprio per questo non sono fallose. Un pareggio assoluto che non rompe neanche di un decimale un equilibrio così perfetto. E poi quella faccia: quegli occhi così piccoli e vicini per una testa troppo ridotta rispetto a quel corpo da omaccione. E in quegli occhi di ghiaccio giacciono le molte vibrazioni di Skriniar. E’ la vittoria della concretezza sull’estestica, della pura analogia sulla digitalizzazione. Non si ha davanti un Sergio Ramos, un Nesta o un Piqué, uno di quei difensori sempre eleganti che davano costantemente l’impressione di poter fare, in qualunque momento, qualsiasi cosa con risultati sempre eccellenti. Pronti anche a giocare mille euro a settimana in scommesse sui calcio d’angolo e comunque uscirne con un sorriso. Skriniar è macchinoso, grosso e pesante. Ma il suo peso sembra essere equilibrato a tal punto da poter diventare leggero, un blocco unico così solido che ci mette pochi attimi a muoversi con perfetto sincronismo. Una precisione che a tratti spaventa, quasi travolge a tal punto che non si sarebbe così stupiti di riverderlo alzarsi dall’ennisimo contrasto magari con una ferita sul braccio, che invece di far sgorgare sangue apre una finestra su un insieme di cavi e microchip scintillanti che rivelano la sua vera natura di cyborg. Pensiero confermato anche da quel suo numero, il 37, così poco glamour e difficile da giustificare con un nesso logico e molto più simile a un numero di serie delle macchine. Skriniar poi alza lo sguardo e ti rivela anche un’anima da innocente, da gigante buono. Quella faccia stupita di chi ha appena travolto un attaccante ma non lo ha fatto con cattiveria, semplicemente è questa la sua unica misura e quindi non puoi, tu arbitro, non capirlo e fischiargli fallo.
Skriniar arriva e travolge con la freddezza di chi segue un percorso già segnato. Sembre essere una di quelle notizie che si aspettano per tanto tempo e che, buone o brutte che siano, arrivano. L’attaccante riceve palla alle spalle, e lì puntuale arriva Milan, a dargli la classica botta, secca e precisa, che toglie il respiro per quella frazione di secondo che permette a lui di passare avanti, soffiare la palla e magari far ripartire l’azione. Skriniar è secco, così come sono secchi quei brutti voti aspettati, razionati e quindi più dolorosi, perché responso bianco su nero di un errore fatto in precedenza. Skriniar però regala anche sollievo se dalla tua parte: arriva e risolve, proprio per questo suo essere categorico, predominante. Skriniar sono i conti che si sommano ma anche una soddisfazione, l’aver rimesso le cose a posto. Poter ripartire da capo. Quello è il suono di Skiniar. Stock. Bloccare e andare in contropiede. Stock e via. E scandendo ogni singola lettere di questa onomatopea si può sentire, piano ma deciso, Skriniar avvicinarsi e trovare il contatto non appena l’ultima A di K non è stata pronunciata. Stock. Questo si prova ad andare a sbattere contro Skriniar.
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