Esalogia di New York – Atto I e II

Esalogia di New York – Atto I e II

Atto I – Gary

Gary Whitman lesse la mail con raro stupore. Era un tipico pomeriggio autunnale ventoso, come tanti ne aveva visti dalla sua finestra del salotto su Union Square, una bow-window che regalava la migliore vista del suo appartamento, e lo spazio prescelto per quella vista era il suo punto di lavoro, che in realtà si riduceva ad una piccola scrivania dal dubbio gusto francese sulla quale erano posati appunti, libri, riviste e appunto il suo portatile, finestra virtuale sul mondo esterno.

Sostanzialmente quello che gli veniva chiesto era di imbrogliare un perfetto sconosciuto a fin di bene. O almeno questo era quello che gli pareva di aver capito. Doveva mandare una mail ad un certo Mathias e dirgli che la sua drammaturgia era piaciuta e convocarlo a New York. Di per sé gli pareva una cosa sciocca da fare, tanto più che non aveva mai sentito questo Mathias né tantomeno letto una sua drammaturgia, e se anche avesse fatto tutto questo comunque non lavorava più nel mondo del teatro da anni e pensava avrebbe in alcun modo potuto aiutarlo. Eppure a chiedergli il favore era Mary, il suo unico amore, al quale mai avrebbe potuto dire di no. Così scrisse le righe che lei gli aveva chiesto, senza sapere che premendo il tasto invio sarebbero cambiate un sacco di cose.

New York! Quando lesse di dover andare a New York a Mathias sembrò che per la prima volta nella sua vita le cose andassero come sarebbero sempre dovute andare. Non ci era mai stato ma gli sembrava di conoscere ogni angolo della città meglio di quanto non conoscesse la sua Parigi. Ogni angolo era stato raccontato da un film, da un romanzo, da un fumetto, da una canzone. Una strada era stata cantata da Sinatra e un’altra da Jay-Z. In quel palazzo i Ghostbusters avevano salvato il mondo. Su quella panchina Woody Allen aveva raccontato il suo amore per Annie Hall. In quell’altra il suo per Manhattan. Su quel ponte l’Uomo Ragno aveva perso l’amore della sua vita. In quel bar si erano conosciuti i protagonisti di quel romanzo di Auster. In quell’appartamento stavano Ted Mosby e Marshall. Dall’altra parte del fiume, Bruce Springsteen. In un angolo Colazione da Tiffany, in quello opposto Rosemary’s Baby. In uno Sex and the City, nell’altro Friends. Attori di Broadway e mercanti di Chinatown. Italoamericani e cuori africani. Cinque quartieri e mille identità. E un piccolo francese con due compagni di viaggio, tutti alla ricerca di qualcosa.

Mathias: parigino, autore di teatro di dubbio talento, in viaggio perché gli avevano scritto e quindi in viaggio per trovare il successo. Biondo tendente al rossiccio, troppo magro per sembrare un uomo, una marea di sogni confusi e una gran voglia di vita.

Emmanuelle: lionese, ballerina appassionata e appassionante, colpita da una rara malattia che presto la renderà cieca, in viaggio per vedere almeno una volta il suo grande amore prima che tutto diventi buio. O almeno, per trovarlo. Castana e dal sorriso inossidabile, con le idee chiare e i sogni distratti.

Michele: milanese, mercante di sogni suoi e degli altri, alla ricerca di una sorella unico legame con il suo passato. Aveva perso la memoria in seguito ad un incidente e cercava di ricostruire la sua vita, partendo dall’idea che il suo unico parente vivo fosse una sorella che viveva a New York. Moro e pieno di dubbi, partiva senza nulla da perdere.

Charles De Gaulle – John Fitzgerald Kennedy, tre biglietti in economica e tre visti turistici e si trovavano dall’altra parte dell’Atlantico. Appartamento senza alcuna pretesa a venti minuti dal cuore di Brooklyn e due settimane di affitto pagate in anticipo. Un appuntamento fissato con uno sconosciuto di nome Gary per la serata successiva e una prima serata da passare tutti insieme. La scelta cade su un bar italiano chiamato “da Gigi”, dove fondamentalmente poter trovare un Gigi che ti serve da bere può darti una piccola sicurezza fondamentale per tirare avanti. Di caldo avevano giusto la birra e quindi giusto farsi andare bene quella. Che poi, la bionda alleggerisce i sentimenti e scioglie la lingua.
– Allora, hai qualche indizio per trovare tua sorella? – Chiese Emmanuelle ad un Michele troppo impegnato ad ammiccare alle indigene.
– Purtroppo pochi. So che sta a Williamsburg ma non è certo un quartiere piccolo. E che suona in una band. Ma anche questo, non è che ce ne siano poche… Tu piuttosto? Come pensi di fare con il tuo vero amore? –
– Ah, non lo so. Quando me lo troverò di fronte sarò sicura. –
– Me lo auguro per te. –
– Cosa dovrei fare? Avevo dei sogni, ho dei sogni, e uno di questi era vedere Manhattan con il mio uomo. E non ci rinuncerò, anche se non avrò la vista tanto a lungo. –
– Sei fin troppo ottimista. –
– Non voglio più accontentarmi di nulla che sia inferiore ai miei sogni, tutto qui. –
– Diciamo che vuoi un principe che si inginocchi di fronte a te e non uno che ti chieda di metterti in ginocchio tu per… –
– Ma cazzo, devi sempre essere così volgare? –
– Mi scusi, madame. –
– Parlare con te è inutile. –
– E tu Mathieu? –
– Io non lo so… Ho sempre sognato di scrivere spettacoli per Broadway e ora… mi sembra tutto così irreale. –
– Buona fortuna ragazzi. –
– Vi voglio bene. –
– Santé. –

Gary inviò l’ultima risposta alla mail di Mathieu. Lo avrebbe incontrato il giorno successivo, verso sera. Per diverse ore aveva pensato di dargli buca ma alla fine non se la era sentita. Gli ricordava troppo se stesso quando era partito per New York armato solo delle sue speranze. E in un certo senso pensò che Mary l’avesse fregato ancora, come sempre. Sorrise ad una loro foto in vacanza in Corsica, appesa ad una parete. Poi, di nuovo la musica del Sir a tenergli compagnia.

And I think it’s gonna be a long long time
‘Till touch down brings me round again to find
I’m not the man they think I am at home
Oh no no no I’m a rocket man
Rocket man burning out his fuse up here alone
And I think it’s gonna be a long long time
And I think it’s gonna be a long long time
And I think it’s gonna be a long long time
And I think it’s gonna be a long long time
And I think it’s gonna be a long long time
And I think it’s gonna be a long long time
And I think it’s gonna be a long long time
And I think it’s gonna be a long long time

Atto II – Gigi

Lo Chanterelle era il locale preferito di Gary. Non solo servivano la migliore cucina francese, ma conservava quell’atmosfera d’altri tempi che lui tanto amava. Era stato un rifugio di guerra durante gli anni quaranta, e non era molto cambiato da allora. Frequentato dalla clientela più varia, gli artisti locali alternavano jazz e blues, blues e jazz, qualche volta un po’ di r’n’b e alla fine si tornava sempre al jazz, giocando con le note e solleticando i sentimenti degli avventori. Gary accolse gli ospiti con il garbo che lo contraddistingueva e si sentì più giovane del solito in loro compagnia, una compagnia che non disdegnava per nulla. Il merlot era estatico, Emmanuelle bellissima e i ragazzi simpatici. Aveva letto l’ultimo lavoro di Mathieu, per la verità l’aveva anche trovato interessante, ma proprio non sapeva come aiutarlo. Solo la terza bottiglia gli regalò una vaga idea che presentò come una soluzione premeditata:
– Guarda, sistema l’incipit che è un po’ lento e il finale che è un po’ troppo esplicativo, dopodomani ti porto da una mia vecchia amica, fa la regista e il testo è nelle sue corde. –
A Mathias sembrò di toccare i suoi sogni con mano. L’avventura iniziava.
Ma Gary non si limitò a questo. Diede consigli a Emmanuelle su dove incontrare le persone più interessanti, un po’ con il rammarico di avere troppi anni di differenza per conquistare quella bella fanciulla lui stesso, mentre fornì a Michele gli indirizzi dove le band più giovani si esibivano di solito.
E in effetti i giorni seguenti furono dettati dalle indicazioni di Gary in maniera quasi didascalica.

Emmanuelle rimase affascinata da una libreria francese nel cuore del Village, della quale inziò a frequentare la caffetteria adiacente. Marquez e matcha le sembrava l’abbinamento più curioso e perfetto del mondo. Un po’ come si immaginava lei una coppia. Leggere le rallentava il processo di degradazione della vista e cercava di farlo il più possibile, per quel poco che serviva. Solo la brezza del vento le faceva tornare una voglia irrefrenabile di volare, o di ballare come dicevano gli altri.
Foglie che danzano
Magnolie al vento
Punte dei piedi
Gocce di pioggia
Rotea vorticosamente il cucchiaino nel thè, a creare spirali concentriche.
Nemmeno il realismo magico sudamericano la distrae.
Ha così tanta voglia di vivere e così tanta paura che a volte le manca il fiato.

Le ricerche di Michele si fecero sistematiche. Quattro locali per sera, mezz’ora in ognuno di questi, studiandosi prima quali band si esibiscono e se ci sono componenti femminili. Cerca di evitare le consumazioni obbligatorie per non esaurire il suo credito in fretta. Quando è obbligato però beve sempre, che buttare via una goccia è peccato mortale. E le IPA locali sono buonissime. L’oblio poi è dolce. Se tutto è confuso non è diverso dagli altri. Se tutto è confuso è normale non ricordare. È normale non chiedersi che viso abbia tua madre, chi fosse il tuo migliore amico, le gambe della tua prima donna e le labbra del primo amore. L’alcol annulla tutte le differenze e ci rende tutti uguali. Dei fratelli in un mondo caotico.

Mathias sistema la drammaturgia e si presenta all’appuntamento al meglio. Persino rasato, eccezione unica in una vita che non ne ammette. Eppure è un disastro. Gary è di poco aiuto, la regista antipatica e scontrosa, l’appuntamento inutile. Lo scontro poi è di quelli rottura.
– Mi hai fatto venire a New York per questi inutili quindici minuti? –
– No, forse è ora che tu sappia la verità. –
Mathias non aveva mai pianto ma stavolta si arrende.
Tira fuori tutte le lacrime calde che aveva mai avuto il coraggio di far scendere.
Quelle di quando si era rotto il naso
Quelle di quando suo padre se ne era andato di casa
Quelle di quando aveva rotto con Lei
Le tira fuori tutte, una volta per tutte.

Emmanuelle si lascia incantare da un ragazzo, sembra quello giusto, cita Baudelaire e ama i film della Disney.

Michele sta ascoltando una versione reggae di Hotel California e la cantante gli assomiglia, forse ci siamo.

Mathias è al bancone mentre Gigi gli spina la quinta pinta di Brooklyn Lager. Il barista parla poco e il francese gli racconta la sua giornata.
– Ho comprato questo quadro da riportarmi a casa e questo pensiero per mia madre. –
– Che fai? Torni a Parigi? –
– Non era vera la storia della mia drammaturgia. Nessuno voleva produrre il mio spettacolo. Non capisco se i miei amici volevano farmi uno scherzo o… –
– Ma tu sei veramente venuto per quella lettera? –
– Cosa vuoi dire? –
– Se sei venuto qua forse è perché pensi che i tuoi testi debbano essere rappresentati qua. –
– Ma la realtà è… –
– La realtà è quello che creiamo noi. –
– Ma forse i miei sono solo sogni… –
– Sognare è la cosa più bella del mondo. –
– Anche tu sogni? –
– Certo. –
– E cosa sogni? –
– Che Scarlet Johansson venga a bersi una birra qui. –
– Beh, mi auguro che il tuo sogno si possa avverare amico. –

Michele ed Emmanuelle raggiunsero Mathieu al bancone. Raccontarono di Baudelaire e di Hotel California. I tre brindarono insieme e si rallegrarono delle loro invincibili speranze. Poi, nel freddo vento dell’autunno newyorkese, si avviarono verso casa. E una volta raggiunto l’uscio, trovarono una ragazza ad aspettarli.

 

Disegno in copertina tratto da “Il suono del mondo a memoria”, di Giacomo Bevilacqua

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