“A casa tutti bene” segna il ritorno in Italia di Muccino dopo la lunga parentesi americana (con l’eccezione di “baciami ancora”, dal 2005 tutti i suoi ultimi film sono stati girati negli Usa).
Un ritorno in grande stile, con un film che vanta la presenza di attori italiani tra i più celebri (Favino, Accorsi, Sandrelli, Gerini ecc); una formula questa di sicuro richiamo per il pubblico, come ha dimostrato il successo di perfetti sconosciuti.
La trama del film è piuttosto semplice. A Ischia si celebrano le nozze d’oro di Sandrelli e Marescotti. Una mareggiata improvvisa e prolungata impedisce il ritorno a casa dei parenti giunti sull’isola.
La prima parte del film procede tranquilla, con qualche avvisaglia di ciò che accadrà in seguito, ma si tratta per l’appunto solo della quiete prima della tempesta. La convivenza forzata porterà a galla rancori nascosti, nevrosi, gelosie, amori e frustrazioni. Al centro del film la famiglia, in questo caso una famiglia borghese, con le sue ipocrite convenzioni sociali, i parenti, di diversa estrazione sociale, che affettano buone maniere ma che in realtà, tra di loro, si detestano (il titolo è ironico).
Diversi critici e spettatori hanno paragonato “a casa tutti bene” a L’ultimo bacio, il film che nel 2001 consacrò Muccino facendolo scoprire al grande pubblico – e aprendogli le porte dell’America, dove quel film piacque molto: al punto che a Muccino arrivarono proposte di remake (Nicole Kidman venne scelta infine per il ruolo di protagonista; ma di quel progetto alla fine non se ne fece niente).
L’ultimo bacio raccontava della storia d’amore tra Accorsi e Mezzogiorno, di una generazione di trentenni in crisi d’identità, gli uomini rappresentati come eterni Peter Pan incapaci di assumersi responsabilità. Per l’epoca fu un film innovativo, sia per le tematiche trattate sia per lo stile cinematografico neorealista (la storia riportata sullo schermo perfettamente verosimile, aderente alla realtà).
Ma l’ultimo bacio con questo suo ultimo lavoro c’entra poco. I riferimenti sono Ettore Scola e il Monicelli di Parenti Serpenti; e, tra i film dell’autore, Ricordati di me, per il tipo di recitazione urlato, quasi “isterico”, e quella vena malinconico-pessimista che li pervade (anche se qui la cupezza Mucciniana viene mitigata da qualche buona battuta).
Come in quasi tutti i film Mucciniani, rimane senza eguali la capacità del regista italiano di toccare le corde più profonde dell’animo dello spettatore, di suscitare empatia e identificazione nei confronti di personaggi e storie rappresentate.
Il cinema di Muccino punta deliberatamente a commuovere (e, quasi sempre, va detto, riesce nell’intento). In questo senso è “sentimentale”, termine con cui viene spesso etichettato dai suoi critici, ma con un’accezione ovviamente spregiativa. Oltreché popolare. Nessun regista italiano, infatti, ha mai ottenuto i suoi risultati al box office (in 20 anni di carriera i film di Muccino hanno incassato nei botteghini di tutto il mondo più di 600 milioni).
In a casa tutti bene emerge inoltre una delle qualità riconosciute a Muccino: la capacità di tirare fuori il meglio dai suoi attori, specie in film corali come questo. Gerini, Ghini, Tognazzi, Impacciatore, ad esempio, offrono una prestazione superlativa, sfoggiando un talento nella recitazione di cui – alcuni di loro – non avevano dato prova in passato.
Unica nota dolente del film sono le musiche, di Nicola Piovani: struggenti, ma onnipresenti, pleonastiche (e a tratti disturbanti).
Il finale aperto lascia presagire un seguito. L’idea di una serie tv ventilata dallo stesso Muccino, sebbene foriera di rischi, sulla carta pare interessante.
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