Black Panther – Il film giusto al momento giusto

Black Panther – Il film giusto al momento giusto

“Black Panther” è l’ultimo pargolo generato da mamma Marvel Studios la scorsa giornata di San Valentino. Chi vi scrive non è uno spettatore abituale dei cosiddetti cine-fumetti, con i quali ha sempre avuto un rapporto di amore-odio e nel recente passato era rimasto impressionato (negativamente) dal penultimo arrivato “Spider-Man: Homecoming” (ma questa è un’altra storia…).

La riluttanza è stata vinta soprattutto venendo a conoscenza del nome del regista, quel Ryan Coogler capace di prendere in carico il difficile spin-off della saga di Rocky, “Creed – Nato per combattere”, facendone un film di buon livello e portando il buon Sylvester Stallone a vincere un Golden Globe.

Il film è ambientato nel regno del Wakanda, fittizia nazione centro africana ideata dagli autori del fumetto Stan Lee e Jack Kirby. Lo stato è tra i più ricchi e tecnologicamente avanzati al globo grazie agli abbondanti giacimenti di un materiale chiamato Vibranio, che permette loro di vivere in prosperità occultandosi alle altre nazioni del mondo, le quali pensano che il piccolo regno sia popolato da contadini poveri ed arretrati.

La nazione è governata da un re, scelto per discendenza di sangue ma passibile di eventuali sfide di lotta con altri connazionali che vogliono pretendere il trono. Il prescelto diventa regnante con il titolo di Pantera Nera, acquisendone le straordinarie abilità di forza e resistenza nei combattimenti.

La storia parte proprio dalla morte dell’ultimo re T’Chaka (John Kani) e del conseguente insediamento del figlio T’Challa (Chadwick Boseman), intenzionato a proseguire con la politica adottata dai suoi avi di protezione del Vibranio e della tecnologia del suo popolo. La lotta che il protagonista dovrà affrontare sarà contro suo cugino di madre americana Erik Killmonger (Michael B. Jordan, oramai attore feticcio del regista), di cui in Wakanda si ignorava l’esistenza e che farà emergere un fatto segreto a tutti tra i loro genitori, custodito per anni dallo sciamano e consigliere reale Zuri (Forest Whitaker).j

La pellicola è da definirsi magnifica sotto tanti punti di vista: prima di tutto la sceneggiatura, frizzante nella sua storia lineare, che propone allo spettatore tematiche profonde e di assoluta attualità come il problema dell’immigrazione (W’Kabi, interpretato dal Daniel Kaluuya nominato all’Oscar per “Get Out”, rende pubblico un pensiero controverso dicendo “Se fai entrare i profughi vuol dire portare i loro problemi qui da noi) e l’integrazione tra popoli in maniera consistente e misurata, senza né abbozzare l’argomento né calcare troppo la mano. L’oggetto della lotta tra i due contendenti, ovvero la tradizione Wakandiana di vivere in disparte dal mondo conservando la propria superiorità tecnologica, contrapposta alla diffusione della stessa per riscattare il popolo nero vessato al Mondo di cui è testimone Killmonger nel suo percorso di crescita in operazioni militari in giro per il Mondo, viene trattata scavando nel profondo delle emozioni dei personaggi, all’interno di un’atmosfera che ricorda il Disneyano “Il re Leone” (che a sua volta prende spunto a piene mani da “Amleto” di Shakespeare) negli incontri tra T’Chaka e i re-pantere del passato tramite infuso di erba a forma di cuore, rendendo la narrazione a tratti toccante senza sfociare nel melenso.

Se la storia su carta scritta da Ryan Coogler e Joe Robert Cole è il punto forte, non sono da meno le interpretazioni solide di tutti gli attori (spicca il non protagonista Andy Serkis, in carne ed ossa e non in computer-grafica come si era abituati ad ammirarlo), la regia efficace dello stesso Coogler che si sofferma molto tempo su primi piani dei personaggi per mostrare al pubblico ogni sfaccettatura, la computer grafica presente ma non invasiva, un montaggio più classico e meno d’azione che lascia il tempo di ammirare le scene di lotta senza essere disorientati da stacchi velocissimi; il tutto accompagnato una colonna sonora che passa dal pop-rap all’etnico con disinvoltura (temi originali di Ludwig Göransson).

Le oltre due ore trascorrono velocemente, con un ritmo costante che non lascia mai lo spettatore ad annoiarsi. Il tono generale del film risulta meno fumetto-commedia come la maggior parte dei film del Marvel Cinematic Universe, ma non per questo tralascia momenti di ilarità ben inseriti all’interno della storia.

In conclusione, “Black Panther” riesce a mescolare elementi di politica in un involucro di puro intrattenimento, e può sfruttare la risonanza mediatica ed il successo che il colosso del gruppo Disney ha riscosso in questi anni per lanciare un messaggio positivo ad un mondo che in questo momento ne ha molto bisogno. Chapeau.

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