Definire Andy Kaufman un comico è riduttivo. Il suo obiettivo non era quello di far ridere il pubblico, ma di spiazzarlo, fin dai suoi primi show nei locali di stand-up, nei quali per esempio dal palco ordinava un gelato alla cameriera per poi mangiarlo in tutta tranquillità sotto gli occhi degli spettatori perplessi, senza fare altro. Una volta arrivato in TV simulava bruschi litigi sul set o mandava in onda finte interferenze, senza preoccuparsi gli spettatori potessero comprendere che era tutto orchestrato; lui era divertito da questo sovvertimento dell’ordine, una scintilla di anarchia in grado di movimentare una routine con dinamiche prestabilite. Quando tutti ormai si aspettavano da Kaufman qualcosa di bizzarro e divertente, ecco che lui metteva in scena i suoi sentimenti più sinceri o leggeva lunghi brani de Il grande Gatsby. Disattendere le aspettative, sempre e comunque.
Nel 1999 Milos Forman dirige Man on the Moon, film biografico che racconta il genio e la sregolatezza di Kaufman. L’attore protagonista è Jim Carrey, uno dei nomi più acclamati a Hollywood in quegli anni per aver inanellato tre enormi successi come Ace Ventura, The Mask e Scemo e + scemo, ma che proprio pochi mesi prima dell’inizio delle riprese ha ottenuto un grande apprezzamento di critica per il suo ruolo drammatico in The Truman Show. Da alcuni racconti trapelati dal cast, si sapeva che Carrey adottò alcuni accorgimenti estremi per interpretare al meglio Kaufman, facendo realmente irritare un lottatore di wrestling con cui avrebbe dovuto lottare o cospargendosi di formaggio puzzolente quando vestiva i panni dell’odioso Tony Clifton. Ma questi aneddoti erano solo la punta dell’iceberg. La Universal infatti ha infatti nascosto per anni tutti i filmati del backstage di Man on the Moon dai quali si vede che Jim Carrey è rimasto nel personaggio per tutto il tempo delle riprese, temendo questo atteggiamento potesse attirare critiche sull’attore e sul modo in cui in quei mesi ha trattato il cast e la troupe.
“Temevamo la gente pensasse che Jim fosse uno stronzo.”
E invece…
Jim e Andy (in originale Jim & Andy: The Great Beyond – Featuring a Very Special, Contractually Obligated Mention of Tony Clifton, beffardo titolo che come il film prende in prestito anche una canzone dei REM), documentario prodotto da Netflix e diretto da Chris Smith, innanzitutto è un video-diario del film di Forman. È un documento importante per chiunque abbia amato Man on the Moon, semplicemente per il fatto di contenere un’abbondante quantità di materiale video che è stato nascosto per anni dagli studios, quando avrebbe invece potuto costituire un ricco making of tra i contenuti extra del DVD. Il focus della narrazione è l’interpretazione di Carrey e di come la sua scelta di indossare la maschera di Kaufman a tempo pieno abbia sconvolto la produzione: ci sono momenti molto divertenti affiancati da altre scene in cui i compagni di set faticano a tollerare i comportamenti di Carrey (o di Kaufman?). È esemplare una telefonata-sfogo di Forman, disperato perché non riesce ad arginare l’esuberanza di Kaufman, ma che non potrebbe mai rinunciarvi, consapevole di quanto questa dirompente eccentricità sia fondamentale per la buona riuscita della pellicola.
Nel raccontare Man on the Moon, inevitabilmente il documentario di Smith è anche un’opera su Andy Kaufman, in grado di approfondire alcuni aspetti del film biografico. Cosa significa nell’industria dell’intrattenimento esprimere la propria arte in modo controverso? Nel vedere Carrey mettere in pratica per qualche mese il modus operandi di Kaufman, e le reazioni scaturite nei colleghi, si intuisce cosa può aver significato per il compianto attore basare la sua intera carriera su questa costante irriverenza. Ma questa prolungata metamorfosi porta anche a momenti di intensa emozione, come l’incontro con la famiglia di Andy in visita al set, che deve fare i conti con un redivivo alter-ego del figlio/fratello scomparso 15 anni prima.
Jim e Andy è anche un trattato sulla recitazione, consente di vedere applicato il Metodo e mostra il lavoro dell’attore sul personaggio, una pratica che critici e spettatori spesso tirano in ballo come se fosse uno strano rituale indefinibile. Per generare risate e lacrime in una platea spesso bisogna fare sacrifici, e Carrey mette da parte sé stesso per lasciare spazio a Kaufman, indossando la sua maschera e portando ogni giorno sul set la sua mentalità, le sue spigolature, i suoi contrasti. Ma per un attore interpretare un personaggio è anche un modo per dimenticare i propri problemi personali, e infatti “Jim si è preso una vacanza dall’essere Jim” rifugiandosi nel monello Andy in un momento particolarmente fragile della sua vita. È una riflessione su come un ruolo possa essere per un attore al contempo un ostacolo e un sollievo per la propria identità personale, messa in scena in modo non didascalico o con morali precise, ma lasciando che sia lo spettatore a tirare le sue conclusioni.
Ovviamente un altro grande protagonista del documentario è il Jim Carrey odierno, una versione più riflessiva del clown che abbiamo amato negli anni ’90. È a tratti struggente vederlo con una folta barba, qualche ruga in più e un sorriso meno smagliante, mentre osserva il suo passato e fa un bilancio della lavorazione di Man on the Moon. Negli ultimi anni, complice la scelta di prodotti cinematografici non proprio fortunati, l’attore si è allontanato dalle scene e di certo non è più all’apice della sua popolarità; tra accesi proclami contro i vaccini e dichiarazioni esistenzialiste, la sua figura di intrattenitore si è trasformata in quella di un malinconico filosofo. L’anno prossimo lo vedremo nella serie TV Kidding diretta da Michel Gondry (regista con cui ha già lavorato a Se mi lasci ti cancello), dove interpreterà il divo di una trasmissione per ragazzi che entra in crisi quando la sua famiglia crolla; non è difficile leggere in questa trama riferimenti autobiografici alla carriera dell’attore, che negli ultimi anni è stato bersaglio di pesanti accuse dopo la morte della sua fidanzata. E chissà che questo nuovo progetto non gli permetta di trovare una nuova maschera dentro la quale trovare sollievo dalle asperità della vita reale.