The Punisher è uno dei personaggi più idolatrati del Marvel Universe: un ex marine d’elitè che diventa uno spietato vigilante dopo la carneficina della sua famiglia. Debutta negli anni Settanta come nemesi di Spiderman, ispirando film e serie Tv, ed è di fatto il pioniere degli antieroi dei fumetti, resi famosi da Alan Moore (Watchmen), che probabilmente ha intravisto in Frank Castle i tratti del “suo” Rorschach. Sul piccolo schermo, la collaborazione tra la Marvel, Netflix e la Disney prevedeva 4 serie tv di introduzione alla serie “The Defenders”.
Le quattro serie erano: Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist. Tuttavia, nella seconda stagione di Daredevil (che ha avuto un’accoglienza piuttosto tiepida) il successo ottenuto dal personaggio di Frank Castle (alias Pete Castiglioni, alias The Punisher) è stato tale da far propendere la Marvel per uno spin off.
Lo showrunner di The Punisher è Steve Lightfoot (lo stesso della serie Hannibal). Nel cast spazio a Jon Bernthal, Ebon Moss-Bachrach, Amber Rose Revah, Ben Barnes, Deborah Ann Woll e Paul Schulze.
Ideare la serie intorno ad una personalità così oscura e taciturna non è facile, ma Jon Bernthal (The Walking Dead) si impone come l’attore ideale per questa parte regalando una personaggio di notevole spessore, incredibilmente complesso e stratificato, così da rendere il suo sforzo interpretativo veramente impressionante.
Lungo i 13 episodi, Frank Castle inizia un cammino evolutivo narrativamente inappuntabile: The Punisher non è solo sangue e violenza, ma si ha la profonda sensazione di condividere con Castle emozioni come angoscia, vendetta e soprattutto tanta rabbia. Insomma se Batman (tra l’altro c’è persino stato un crossover nella metà degli anni 90 pensato da John Romita Jr.) continua instancabilmente a rinchiudere il Joker ad Arkham dopo ogni loro incontro, con Castle il Joker sarebbe crepato dopo il primo. Un colpo in faccia e avanti il prossimo.
The Punisher, difatti, non è il giustiziere senza paura, indistruttibile ed adamantino (come Capitan America o, appunto, Batman). È fatto di “bones, flesh and blood”, ma principalmente convive con una mente distrutta dal massacro della famiglia, di cui si sente indirettamente responsabile, e dalla memoria degli orrori commessi e vissuti in guerra.
A tal proposito, è doverosa una menzione d’onore a Lightfoot per aver incanalato in maniera geniale, e non qualunquista, la problematica del disturbo post-traumatico dei soldati che rientrano dal fronte.
Il ritmo della serie è un crescendo che culmina in un finale di stagione piuttosto inaspettato e violento.
Al momento, la seconda stagione non è stata ancora ufficialmente confermata né da Netflix né dalla Marvel, ma il rinnovo, considerati gli ascolti e l’interesse suscitato, sembra piuttosto una formalità.
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