Il 5 novembre è stato il giorno dell’arrivederci per “Follìar“, l’ultima produzione della mitica coppia AstorriTintinelli al Teatro della Contraddizione, in via privata della Braida 6, uno spazio intimo e quasi segreto nel labirinto di viuzze del centro della frenetica città di Milano.
In Follìar tutto viene decontestualizzato a partire proprio dai luoghi che lo contengono. È nel foyer di questa “cave” teatrale che si consuma la tradizionale rappresentazione di teatro perché sulla scena, quella vera, i due strepitosi attori vivranno la straniante e disperata condizione dell’artista che non sa più ritrovare la motivazione per emozionare e, emozionando, trovare il senso esistenziale.
I due personaggi, sospesi in una dimensione surreale di beckettiana memoria, danno voce a tante suggestioni che parlano alla mente e al cuore di tutti gli spettatori che metteranno a tacere i rumori delle loro vite e si lasceranno coinvolgere dalla bravura dei due attori in questo “incredibile attraversamento verso il niente che ha a che fare con la perdita del tutto“, vero punto di partenza degli AstorriTintinelli.
Se da una parte si percepisce l’atmosfera felliniana con la presenza di Gelsomina, immediatamente fa capolino la follia di Re Lear, che riecheggia già nel titolo.
Tante le suggestioni anche per un pubblico più colto, come tasselli da unire a questo insolito puzzle. Tra questi “La forza dell’abitudine” di Thomas Bernhard a cui rimanda la disperata ricerca di un senso, attraverso la ripetizione continua da parte del mimo-cugino che fa pensare inevitabilmente anche a Charlie Chaplin in “Tempi Moderni” ma dove la ripetizione, a differenza dell’agire frenetico metalmeccanico del protagonista cinematografico, acquista una dimensione tutta sua, quasi salvifica. E sicuramente ritroviamo nel testo di Follìar anche citazioni di “Aspettando Godot“.
In un gioco di rimandi e di porte immaginarie che si aprono come in un gioco di specchi all’infinito, si riscopre la grandiosa energia, profondità e presenza scenica di Alberto Astorri e Paola Tintinelli. E così, all’improvviso, il vuoto della dimensione surreale si popola delle azioni, della musica con la sua discreta funzione di sottofondo a intervalli, e soprattutto dei dialoghi strampalati in cui convivono i contrari del sorriso e della tragedia. Le parole che risuonano nello scuro teatro sono in grado di portarci in un’atmosfera stralunata in cui riflettere insieme ai personaggi.
E alla fine dei giochi, come nel cerchio magico, tutto ritorna alle origini, ritrovando un rinnovato senso.
Ma si può dire di più senza togliere il piacere al pubblico di scoprire Follìar e di lasciarsi attraversare dalle tante emozioni?
Un piccolo suggerimento per tutti coloro che avessero mancato questo appuntamento teatrale a Milano; la prossima primavera li ritroveremo col medesimo spettacolo al Teatro della Caduta di Torino, in via Buniva 24, venerdì 9 e sabato 10 marzo.
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