Fin da subito Afterclap ha voluto essere anche un diario dell’Associazione dei Birbanti. In questo caso proviamo ad esserne gazzetta: svelare i progetti di un nuovo anno, finora custoditi nella mente di Alessandro Onorato, presidente dell’associazione, e condivisi solo con la prima collaboratrice Chiara Verga. Il formato sarà quello di un’intervista, i contenuti riflettono naturalmente il tono di una chiacchierata amichevole: ho sottoposto alcune curiosità personali ad Alessandro, affidandomi anche a lui per quello che vorrebbe essere un piccolo manifesto di questa nuova stagione.
Non posso cominciare questa conversazione senza chiederti un bilancio dell’ultimo anno. E’ stato straordinariamente provante, soprattutto per te. Ed è stato una svolta obiettiva: andare in scena con due spettacoli diversi ai Filodrammatici, finire sotto i riflettori delle telecamere Rai, ritrovarsi fra il pubblico monumenti dello spettacolo italiano come Beppe Grillo, Arisa, Barbareschi… Senti che sono cambiati i tuoi obiettivi, di dover alzare l’asticella, evolvere il tuo modo di lavorare?
Diciamo che è stata una svolta che è maturata nel corso dell’anno. E non credo che sia stata un’ambizione solo mia: penso che tanti abbiano deciso di dare un approccio più professionale al lavoro. Io per primo sono sempre stato un produttore, prima che regista, molto istintivo: lasciavo che le cose venissero fuori senza programmare tutto. In realtà lavorando con persone che mi hanno anche posto delle scadenze, fatto analizzare meglio alcuni aspetti, mi sono reso conto dei risultati che avremmo potuto raggiungere lavorando in modo molto più professionale. C’è stata quindi da parte di tutti una responsabilizzazione maggiore, dovuta anche semplicemente al fatto di aver deciso di andare in scena su palchi più importanti. Il vero punto di svolta del 2017 è appunto aver deciso di portare 7 date in scena al Teatro dei Filodrammatici, e nel momento in cui sali su un palco del genere senti la responsabilità di farlo in un certo modo. Non per sminuire quanto abbiamo fatto prima, e senza nulla togliere anche a quando abbiamo sbagliato. Io sono molto grato alle volte in cui le cose sono andate meno bene, come il “Kalissa Faust” di IT Festival, o parte della tournée di “Au Manoir Saint Germain”.
A proposito di tournée estiva: quest’anno non l’avete fatta perché eri particolarmente stanco dopo i due spettacoli? Torneranno in futuro?
Sicuramente torneranno in futuro. E’ stata una pausa necessaria perché in realtà la scorsa stagione ci siamo occupati di tre spettacoli. La lunga tournée dell’ulltima notte al Saint Germain di fatto è finita a dicembre, con l’ultima data a Nizza. Poi a inizio marzo è uscito “Charity Party” e a inizio maggio è uscito “Diva’s”: tre spettacoli in cinque mesi. Il punto di arrivo di una maratona durata quasi quattro anni, iniziata nel settembre del 2013 (uscita di Kalissa Faust), con un ritmo di due spettacoli all’anno, in mezzo le tournée, l’esperienza di Londra… Una maratona molto provante che aveva generato anche un momento di confusione. Arrivato a maggio molto stanco ero già ripartito con un nuovo progetto, che però abbiamo abbandonato dopo un paio di settimane, perché c’era la necessità sia di fare chiarezza mentale su ciò che volevamo fare, sia di tirare il fiato. Anche perché non era una stanchezza solo mia: molti degli attori e dei tecnici hanno partecipato a quasi tutti i progetti.
Certo, al centro di questa maratona, come l’hai chiamata, ci sono stati gli attori. Inevitabilmente saranno anche al centro della svolta di cui parlavamo prima. Cambierà anche il tuo modo di lavorare con loro?
Riguardo agli attori bisogna innanzitutto tenere presente un nuovo fattore. Per poter fare progetti molto più ambiziosi servono persone capaci anche di reggere meglio la pressione. Anche più per “Charity Party” che per “Diva’s”, c’è stata per molti un’agitazione che non avevamo mai provato, per l’attenzione della stampa, ma anche perché ci trovavamo davanti a un teatro pieno: questi spettacoli sono stati anche un successo dal punto di vista commerciale. E’ chiaro che tutti, io per primo, sentivamo la pressione. Ma il problema più grosso che ho dovuto affrontare, in “Diva’s”, è stato avere un cast troppo ampio, che ha reso la preparazione del lavoro molto faticosa. Direi che è improbabile che io possa fare produzioni così ampie in futuro. Sicuramente nel futuro prossimo non si tratterà di progetti di questo tipo, ma anche in un futuro più lontano se ci saranno spettacoli in grado di coinvolgere così tante persone (17 solo fra attori e ballerini) avverrà in condizione completamente diverse.
Veniamo dunque ai progetti del prossimo futuro. Cominciamo a spiegare il passaggio (o ritorno) da movimento ad associazione teatrale?
E’ stata una decisione presa all’unanimità dal direttivo. Per il semplice fatto che abbiamo deciso di concentrarci sulle cose che ci riescono meglio, e che abbiamo portato avanti per più tempo: il teatro e la webzine. Anche perché teatralmente vogliamo continuare ad alzare l’asticella ma vogliamo anche aumentare la mole di lavoro. L’idea è quella di lavorare parallelamente su progetti molto agili, con poca scenografia e pochi attori che possano stare costantemente in tournée. Era in cantiere un progetto su Salomè di Oscar Wilde, a maggio, ma poi ho appunto deciso di tirare il fiato, ed è stato rimandato a un momento migliore. Ci sarebbe poi il progetto che stiamo valutando, e non so quando potrà iniziare, di utilizzare i Birbanti come casa di produzione teatrale, non solo come compagnia improntata alle nostre voglie artistiche.
Quello su un possibile futuro ruolo da produttore era un dubbio che mi ponevo da tempo e ti avrei chiesto poi. Mentre da spettatore, senza sminuire il resto, sono solito aspettare il “piatto forte” dei Birbanti con lo spettacolo di aprile o maggio. Cosa ci aspetta quest’anno?
Non so dire quando uscirà il prossimo spettacolo dei Birbanti: diciamo che aprile/maggio è una stima abbastanza corretta a mio parere. Quindi si tratta della più lunga pausa dei Birbanti dalle scene degli ultimi… 5 anni. Ora si ricomincia: quello che ho promesso a me stesso è di chiudere i cicli che abbiamo aperto. Ci sono stati due cicli, ancora aperti: il primo è quello di Faust, proseguito con Dracula, ma che potrebbe avere ancora uno o due episodi prima di chiudersi definitivamente. Spettacoli a sé stanti ma che hanno un filo rosso a legarli. Il secondo ciclo, e arrivo alla risposta, era la trilogia francese: una trilogia basata su dei personaggi, in particolare le sorelle Cohen, ambientata in Francia. Un primo episodio “Au manoir Saint Germain”, a Parigi, in cui conosciamo per la prima volta Cristal Cohen. Un secondo episodio, a Bordeaux, in cui conosciamo le tre sorelle in “Diva’s”. E un terzo episodio: che sarà ambientato invece in Costa azzurra. Dovrebbero tornare in scena almeno due personaggi dell’ultimo spettacolo (due delle sorelle Cohen) e il grande ritorno di uno dei personaggi più amati del Saint Germain.
Il personaggio del Saint Germain non lo vuoi ancora dire?
Hmmm… no. Teniamocelo per una chiacchierata arrivati a metà produzione
D’accordo. Ma è già scritto, lo stai ultimando, lo stai scrivendo…?
Lo sto scrivendo, sono a un ottimo punto. “Au manoir Saint Germain” era un ibrido tra storie originali e storie tratte da altri (film o romanzi), “Diva’s” era una storia completamente originale. Il terzo, questo che sto scrivendo, è invece un omaggio alla filmografia di Fellini. In particolare a “8 e 1/2”, ma non sarà un otto e mezzo fatto a teatro: la storia è completamente nuova. Il gioco, già affrontato in precedenti spettacoli, sta nel partire da un qualcosa che esiste per poi raccontare una storia completamente nuova. E dico omaggio alla filmografia di Fellini perché ci sono echi non solo di “8 e 1/2”, che è la storia principale, quindi la storia di un regista in crisi esistenziale e artistica, ma ci sono richiami certamente anche alla “Dolce vita” e ad “Amaracord”. Per Amarcord è anche un fatto personale, perché essendo mezzo riminese vorrei fare uno spettacolo in cui c’è tanto di Rimini. E addirittura se dovessi scegliere dove far debuttare lo spettacolo sarebbe a Rimini. Persino prima che a Milano; sarebbe bellissimo. Non si può separare Fellini dalla Romagna.
Sarebbe una grande novità. Hai già un titolo in testa? Ce lo puoi dire?
Si chiamerà “La dolce confusione”. Che era il titolo che avrebbe dovuto avere “8 e 1/2” in realtà. Convinsero Fellini a cambiare il titolo perché non volevano che sembrasse un sequel de “La dolce vita” e lui scelse di chiamarlo “8 e 1/2” perché fino ad allora aveva girato “7 film e mezzo”, cioè fra film suoi e fatti a metà con un altro regista.
Quando pensi di cominciare?
Presumbilmente nel mese di ottobre ci saranno i provini, e a inizio novembre avranno il via le prove. [Le date verranno comunicate anche su Afterclap ndr]
Ci sarà anche quest’anno un evento di presentazione dello spettacolo?
Ci sarà. Un paio di mesi prima, anche per incontrare un po’ blogger, giornalisti…
Concludo con alcune domande che riguardano prettamente te. Fra i tanti traguardi dell’anno scorso hai prodotto anche un nuovo romanzo, “Zoo station”; dopo “Fantasma di polvere”, di parecchi anni prima. Eri una persona molto diversa, facevi altro nella vita, avevi un’esperienza molto più giovane… Che legame pensi ci sia comunque fra questi due lavori?
Sono passati cinque anni, in cui mi sono cimentato in tanta attività teatrale e quindi penso di essere maturato come scrittore. In particolare questi anni mi hanno regalato una maggiore ricerca dell’essenzialità: se “Fantasma di polvere” era un romanzo romantico e barocco, “Zoo station” è un romanzo essenziale ed erotico. In realtà penso che la differenza fra i due romanzi sia abissale, che potrebbero essere stati scritti da due persone diverse. L’unica cosa che li accomuna potrebbero essere alcune riflessioni esistenziali che già c’erano nel primo e proseguono nel secondo. Fino alla più grande che ci poniamo tutti: cosa facciamo al mondo? Che peraltro è la stessa domanda che si pone il protagonista di “8 e 1/2” e che quindi si porrà il protagonista de “La dolce confusione”.
Giornalisticamente sarebbe una domanda anche banale ma, conoscendoci personalmente, nel nostro caso assume forse una colorazione ulteriore. C’è una cartolina, un’immagine che hai in mente fra questi anni di Birbanti? So che i ricordi sono tanti, ma dovessi sceglierne una?
Devi darmi qualche istante per pensarci… Guarda, ti direi… 7 agosto 2014. I Birbanti debuttano a Londra; Camden Fringe Festival. L’immagine che ho è la mia colazione di quella mattina, seduto sopra il tavolo (un minimo di spirito animalesco…), mi bevo un caffè nero solubile, e organizziamo l’ultima prova prima di andare in scena. Col nostro spirito ancora amatoriale stavamo organizzando nel salotto di una casetta che avevamo preso in affitto l’ultima prova prima del nostro debutto all’estero. Questa è la mia immagine. E tutti gli altri che maneggiano in salotto per renderlo un “palco”.
Siamo alla conclusione. Ringraziandoti, ti chiedo: soprattutto dopo le tante soddisfazioni che vi siete tolti, pensi di avere ancora un sogno a lungo termine, che riguarda i Birbanti o anche puramente tuo, sempre in campo artistico ovviamente?
Allora… ne ho tre almeno: non faccio fatica a dirtene uno. Per i Birbanti innanzitutto li vorrei al “Fringe” di Edimburgo. Mi piacerebbe organizzare questo. Come Alessandro sogno un film, magari proprio da “Zoo station”. Poi ce ne sarebbe un’altra ma la teniamo per il futuro, perché tanto non è vicina.
Pare che anche stavolta quello che volesse dirci di più bello non ce l’abbia ancora detto.