Tentare di descrivere un fuoriclasse è sempre impresa ardua, il rischio che si corre è quello di cadere nel banale, limitando il genio del soggetto in questione a canoni e confini definiti che meglio si addicono ai comuni mortali; è proprio questo il problema che ricorre quando ci si accinge a scrivere di Francesco Tristano.
Francesco nasce in Lussemburgo il 16/09/1981, sviluppando sin dalla più tenera età una grande passione per la musica che lo porterà a 15 anni ad abbandonare la sua terra natale per svolgere studi di conservatorio in America. Fin qui sembra tutto lineare, il bello però inizia proprio durante i suoi studi negli States, in cui il nostro artista subisce le influenze dell’elettronica minimalista, che inizia ad abbinare alla sua tecnica perfetta al pianoforte.
Francesco, partendo dalla concezione di John Cage, secondo cui la musica è un gioco senza utilità che ci rende consapevoli della vita che viviamo, alterna sin dall’inizio della sua carriera un repertorio di musica classica/ contemporanea con una continua sperimentazione che lo porta ad ignorare le convenzioni dei puristi, riuscendo a mettere insieme pianoforte e sintetizzatori come se nulla fosse.
La sua è infatti una concezione universale della musica, secondo cui tutte le composizioni sono contemporanee e quindi non intoccabili, infatti Bach quando componeva non vedeva le sue opere come musica classica, bensì come opere contemporanee al suo tempo; siamo noi ad avere affibbiato etichette fin troppo definite ai vari generi musicali, mantenendoli all’interno di confini troppo stretti, che artisti come Francesco tentano di valicare.
Quando si ascolta Tristano si ha la netta impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di rivoluzionario, di totalmente fuori dagli schemi. La sua musica è un ponte che unisce classica e techno, attraverso melodie toccanti e casse in 4/4 ben definite che non permettono a chi le ascolta di rimanere fermo sulla sedia; per avere un assaggio concreto di quanto vi stiamo dicendo vi basterà ascoltare “Dminorloop”.
Ma entriamo più nello specifico della questione. A suo dire col pianoforte è possibile suonare qualsiasi tipo di genere musicale, ecco perché Francesco ha attivato da anni una collaborazione più che convincente con Carl Craig, esponente di spicco della techno Detroit; dal lavoro dei due è uscito un capolavoro come “The melody” traccia più che mai coinvolgente, e l’album Idiosynkrasia pubblicato nel 2011.
Un’altra partnership decisamente inaspettata è quella che lo ha visto al fianco di uno dei padri della techno tedesca come Mauritz Von Oswald per l’album Bachcage. Questo suo eclettismo ha portato Francesco a produrre diversi album per la Deutsche Grammaphon e a suonare con orchestre del calibro dell’orchestra nazionale russa, della Deutsche symphonie orchestre Berlin e dell’orchestra filarmonica di Hanoi; unendo queste performance a live set in club come lo Space di Ibiza o Festival di musica elettronica importantissimi quali il Sonar a Barcellona e il Weather a Parigi.
Vista l’estrema disinvoltura con cui si destreggia tra sale da concerto e club di musica elettronica, non poteva mancare un album come “Not for piano”, uscito nel 2007 per la label Infine in cui Francesco reinterpreta tracce di esponenti della musica elettronica, agli appassionati di Jeff Mills consigliamo la sua rivisitazione di “The bells”.
MUCH LOVE
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