Il futurismo è un movimento culturale che nasce in italia nel 1909 quando Filippo Marinetti pubblica il Manifesto Futurista su vari quotidiani nazionali e poi su Le Figarò.In esso Marinetti espone i principi base del nuovo movimento tra cui si ricorda “Uccidiamo il chiaro di luna”, frase che indica il distacco completo dei futuristi nei confronti del romanticismo. Essi, infatti, promuoveranno la velocità, la forza e la guerra.
Poco tempo dopo, a Milano, nel febbraio 1910 i pittori Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini e Luigi Russolo firmano il Manifesto dei pittori futuristi e nell’aprile dello stesso anno il Manifesto tecnico della pittura futurista, in cui si esalta la tecnica e si dichiara illimitata fiducia al progresso.
Il futurismo non opera solo nell’ambito artistico e letterario, ma anche nella moda. I primi a introdurre il concetto di moda futurista sono Giacomo Balla e Fortunato De Pero.
Balla che, fra i maestri del Futurismo, è colui che ha dedicato maggiore interesse all’abbigliamento, pubblica il Manifesto del Vestito Antineutrale dove vengono enunciati i pilastri della moda futurista maschile.
Successivamente viene pubblicato da Volt, nel 1920, il Manifesto della Moda femminile Futurista.
Il vestito diventa il “medium” perfetto tra arte, vita e propaganda futurista. L’abito viene considerato dal movimento come un segno linguistico capace di esprimere sia uno stile di vita sia i concetti chiave del movimento futurista.
I futuristi volevano eliminare “quei tratti noiosi e borghesi ormai troppo ottocenteschi”. Ecco che, allora, viene introdotta la geometria nell’abbigliamento per abolire il rigore borghese; i vestiti, come anche i loro dipinti e le loro sculture, devono trasmettere vitalità, i colori devono essere brillanti, le linee dinamiche, il movimento del corpo deve essere favorito, non ostruito:
“L’incontro fra arte contemporanea e moda si propone negli eventi dinamici futuristi attraverso la rappresentazione di un nuovo modello di vestibilità funzionale, corredo estetico di un corpo agitato dalla veemenza del nuovo movimento e della sua futuribile identità”. Il vestito futurista deve essere energico, vitale e dinamico, i colori devono essere splendidi: “via i vestiti da lutto nemmeno adatti ai becchini. Le morti eroiche non devono essere compiante, ma ricordate con vestiti rossi”.
Si tratta, quindi, di una vera e propria provocazione che vuole sottolineare il taglio netto con la vita di tutti i giorni, alla ricerca di una continua emotività creativa. L’abito futurista, pertanto, punta a stimolare la libera creatività, non deve essere in relazione con l’ambiente della società tradizionale, bensì essere scioccante e provocante, anti-borghese, oltre ad essere pratico adattabile ad ogni attività di vita, ma anche igienico e, ovviamente, confortevole.
Non a caso, una delle creazioni più importanti è la Tuta del futurista del fiorentino Ernesto Michahelles, in arte Thayaht( primo schizzo nel 1919). Thayaht pensa ad una tuta unisex pratica e utile per la vita di tutti i giorni, formata da un unico pezzo di stoffa, e indossata per la prima volta dallo stesso stilista. Viene realizzata con stoffe semplici e tagli dritti, con l’intento di dare un abito a tutti, senza dubbio fuori dal comune,e ,ancora una volta, alternativo al grigiore. Proprio nella sua Firenze nascono i “Tutisti”, primi pionieri della tuta che diventerà poi di Jeans. L’intento di Thayaht era quello di dare un vestito decoroso per la folla cercando di sostituire il monotono e costoso abito borghese. Più tardi, infatti, questa diventerà simbolo di una classe intera, dapprima in Russia dopo la pubblicazione nel 1923 sulla rivista Lef: la classe operaia.
Ma l’influenza di Thayaht e dei futuristi sulla moda non si ferma qui. Infatti dalla collaborazione tra Thayaht e la Maison Vionnet (casa di moda parigina fondata nel 1912 che oggi è motivo di grande influenza per stilisti come John Galliano e Azzedine Alaia ), viene elaborato un altro dei punti cardine della moda del ‘900: il taglio in sbieco. Questo fu applicato in seguito ad interi abiti che diventeranno fascinanti e molto sensuali e che cambieranno per sempre il modo di vestire dell’universo femminile.
Una veloce e vertiginosa serie di cambiamenti e intuizioni illuminanti fanno del futurismo uno dei movimenti che più ha saputo influenzare la moda: il collo a V nel 1913, le cravatte di metallo e l’utilizzo di materiali assolutamente fuori dal comune come ad esempio la carta, il metallo e il caucciù.
Bisognerà, tuttavia, aspettare gli anni Ottanta per vedere sfilare sulle passerelle le placche metalliche, le plastiche e le maglie di acciaio, la latta e il rame utilizzati, in particolare, da Paco Rabanne e da Versace.
Oggi il futurismo è ancora motivo di influenza per molti fashion designers. Il sentiero aperto nel lontano 900 continua ad essere percorso e sperimentato con l’utilizzo di nuovi materiali.
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